Elisabetta Ricciuti – Drù na Dann
Quando si parla di scrittura fantasy, molti pensano che sia il genere più libero che esista. Niente regole, niente vincoli, pura fantasia che prende vita sulla pagina. Ma se c’è una cosa che ho imparato dalla chiacchierata con Elisabetta, autrice del romanzo “Drù na Dann”, è che questa è probabilmente la bugia più grande mai raccontata sul fantasy.
Il Paradosso del Fantasy: Più Libertà, Più Regole
Elisabetta arriva dritta al punto fin dall’inizio della nostra conversazione: scrivere fantasy è estremamente particolare proprio perché richiede un sacco di studio prima ancora di mettere mano alla penna. E quando dice “un sacco”, non scherza. Per il suo universo narrativo di Drù na Dann ha compilato settanta pagine di appunti dedicati esclusivamente al worldbuilding, senza contare trama, personaggi o la lingua inventata che ha creato appositamente.
La ragione di questa apparente contraddizione è semplice quanto illuminante: quando crei un universo narrativo completamente nuovo, devi stabilire una serie di regole che diano logica interna a quel mondo. Il problema è che molti scrittori non ci pensano, convinti che nel fantasy si possa scrivere quello che si vuole senza consequenze.
Invece, come spiega Elisabetta, il fantasy ha bisogno di molte più regole di qualsiasi altro genere, forse arrivando alla complessità della fantascienza. Quando tratti qualcosa di nuovo, qualcosa che la gente non conosce e non ha mai sperimentato, hai la responsabilità di rendere le cose chiare. Senza regole solide, è facilissimo cadere nel buco di trama immediato, semplicemente perché ci si dimentica quello che si è scritto prima o quello che si scriverà dopo.

Dal Tavolo da Gioco alla Pagina Scritta
La storia di come è nato Drù na Dann è emblematica del legame profondo tra giochi di ruolo e scrittura fantasy. L’universo narrativo è nato perché Elisabetta doveva fare la master in una campagna di D&D. Abituata a giocare sempre in ambientazioni homebrew, ha deciso di creare qualcosa di nuovo basandosi su un suo personaggio di Dungeons & Dragons che aveva “fallito” in una campagna precedente.
Ma quello che doveva essere semplicemente un’ambientazione per il tavolo da gioco si è trasformato in qualcosa di molto più grande. Mentre studiava mitologia celtica, saggi di mitologia comparata e libri di antropologia, Elisabetta ha deciso di creare una mitologia completamente nuova, come se fosse “la culla delle mitologie”. La situazione, come ammette lei stessa, le è “scappata un pochettino di mano”, e invece di una semplice homebrew è uscita una trilogia con spin-off.
Questo processo creativo dimostra quanto il mondo dei giochi di ruolo possa essere fertile per la narrativa fantasy. La differenza principale sta nel fatto che mentre noi master ci fermiamo spesso all’ambientazione, chi scrive deve sviluppare completamente tutti i personaggi e le loro storie.
L’Arte di Creare Personaggi che Vivono nel Mondo
Per Elisabetta, la transizione dal worldbuilding alla caratterizzazione dei personaggi è stata facilitata dal suo background nella sceneggiatura seriale. Dopo aver studiato alla Holden con Stefano Bises, sceneggiatore di Gomorra e uno dei migliori creatori di personaggi in Italia, ha sviluppato una scheda personalizzata che si concentra sull’interiorità del personaggio.
Il risultato è che i suoi personaggi si adattano molto all’ambiente, e l’ambiente si adatta ai personaggi. Non parliamo del classico contadino che va a lavorare la terra con l’aratro, soprattutto in un epic fantasy. Anche se inizialmente Bress, uno dei protagonisti, è “solo” un ballerino, la regola fondamentale della narrativa dice che se nomini un personaggio, deve avere uno scopo nella trama.
Una storia è sempre l’eccezione, mai la normalità. Questo principio guida la creazione di personaggi che abbiano una particolare affinità con l’ambiente e che portino determinati cambiamenti significativi alla storia.

I Segreti del Worldbuilding Efficace
Quando si tratta di creare un universo narrativo che funzioni davvero, Elisabetta offre consigli pratici che ogni aspirante scrittore o master dovrebbe conoscere. Non serve essere sopraffatti dalla complessità: basta definire la geopolitica di base, decidere se esiste una religione e, in caso affermativo, quale sia il comportamento della popolazione verso di essa.
Trovare cinque creature caratteristiche, anche prese dai manuali esistenti, può essere sufficiente per iniziare. La maggior parte delle storie ruota attorno a intrecci politici o alle relazioni sociali nelle città, quindi questi elementi di base forniscono già una solida fondazione.
L’approccio di Elisabetta è basato su una regola semplicissima ma efficacissima: tutto funziona con gli opposti e i complementari. È una regola di dualità dove dall’interazione della dualità nasce il multiplo. Più semplice di così non potrebbe essere, eppure da questo principio è nato un universo narrativo enorme.
Il Tempo del Worldbuilding: Investimento a Lungo Termine
La gestione del tempo nel processo creativo di Drù na Dann è illuminante per chiunque si approcci alla scrittura fantasy. Elisabetta ha impiegato un anno e mezzo, quasi due anni, a creare l’universo narrativo. Ma una volta completata questa fase preparatoria, scrivere il primo libro le ha richiesto solo tre mesi.
Questa proporzione rivela l’importanza dell’investimento iniziale nel worldbuilding. Quando finalmente si è messa a scrivere la storia di Bress e Ferdia, i protagonisti, è stato “un attimo” perché aveva già tutto. Bastava consultare il file degli appunti per trovare il nome di una creatura, di una città, una regola culturale specifica. Questo le ha permesso di concentrarsi completamente sulle reazioni e sulle azioni dei personaggi all’interno dell’universo narrativo, e sul loro arco di sviluppo.
Quando Meno è Più: Il Caso delle 220 Pagine
Una delle scelte più interessanti di Elisabetta riguarda la lunghezza del libro. Drù na Dann conta 220 pagine, significativamente meno delle 500 e oltre che caratterizzano solitamente i romanzi fantasy contemporanei. Inizialmente temeva che i lettori si lamentassero della brevità, ma i feedback sono stati tutti positivi.
La ragione del successo sta nella densità narrativa. Come spiega l’autrice, sono 220 pagine “cariche”. La sua esperienza con altri generi letterari, dalla narrativa generale al mystery al realismo magico, l’ha abituata a libri più corti ma intensi. La convinzione che in 220 pagine si possa raccontare una storia completa si è rivelata vincente.
Essendo il primo volume di una trilogia, l’obiettivo era introdurre i lettori all’universo narrativo e ai personaggi, mostrando che sta succedendo qualcosa di veramente grande senza rivelare tutto subito. Questa strategia mantiene alta la curiosità per i volumi successivi.

La Struttura in Tre Atti: Perché le Trilogie Dominano il Fantasy
La scelta della trilogia non è casuale ma strutturale. Elisabetta spiega che deriva dalla struttura classica in tre atti, utilizzata dai tempi dei greci e ancora oggi dominante nel cinema, nelle serie TV e perfino nei videogiochi. Ogni libro della trilogia corrisponde a un atto: introduzione e call to action nel primo, entrata nel mondo straordinario e complicazioni nel secondo, climax e risoluzione nel terzo.
Questa struttura è così radicata nella nostra cultura narrativa che viene istintiva. La troviamo ovunque, anche all’interno dei singoli episodi delle serie televisive. È una formula che funziona perché corrisponde al modo in cui siamo abituati a processare le storie.
Dalla creazione dell’universo narrativo al Gioco: Il Cerchio si Chiude
Il legame tra Drù na Dann e i giochi di ruolo non si ferma alle origini. L’universo può già essere utilizzato come ambientazione per D&D 5e, il sistema preferito di Elisabetta per la sua libertà interpretativa. Come spiega, D&D è uno dei sistemi più liberi, modificabile secondo le esigenze del master, e questo si adatta perfettamente al suo approccio narrativo che privilegia la trama rispetto al regolamento rigido.
Ma c’è di più: insieme a una delle illustratrici e a un master di sua conoscenza, sta sviluppando il gioco di ruolo di Drù na Dann con regole proprie, una lingua dedicata e incantesimi completamente nuovi. Il progetto è già in lavorazione, completando il cerchio che porta dal tavolo da gioco al romanzo e di nuovo al gioco.
I Segreti Nascosti: Quando Ogni Dettaglio Conta
Una delle caratteristiche più affascinanti di Drù na Dann è la sua costruzione come un grande mistero. Elisabetta ha costruito il libro “come se fosse una cena con delitto”, inserendo indizi in ogni elemento della narrazione. Non si tratta solo dei dialoghi o delle azioni dei personaggi: anche i fiori, le querce, gli alberi, perfino singole parole sono indizi.
Questo approccio richiede una seconda, se non terza lettura per cogliere tutti i collegamenti. Come dice l’autrice, “tutto gira e tutto torna in Drù na Dann”. È un livello di complessità narrativa che premia il lettore attento e crea un’esperienza di lettura stratificata.
Conclusioni: Il Fantasy come Arte della Precisione
L’esperienza di Elisabetta dimostra che il fantasy di qualità richiede precisione, pianificazione e un lavoro di preparazione che spesso supera di gran lunga il tempo effettivo di scrittura. Non è il genere della libertà assoluta, ma piuttosto quello della libertà conquistata attraverso regole ferree e worldbuilding meticoloso.
Per chi si avvicina alla scrittura fantasy o alla creazione di ambientazioni per giochi di ruolo, la lezione è chiara: investire tempo nella fase preparatoria non è solo consigliabile, è essenziale. Solo con fondamenta solide si può costruire un castello che non crolli al primo soffio di vento narrativo.
Il successo di Drù na Dann, con i suoi feedback positivi nonostante la brevità inusuale per il genere, dimostra che i lettori sanno riconoscere la qualità quando la vedono. E quella qualità nasce sempre da un lavoro preparatorio accurato, che trasforma la fantasia in un mondo credibile dove i lettori vogliono perdersi.
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